Questi clandestini che circolano nelle nostre classi

A scuola ciascuno è presente in quanto soggetto, in quanto essere umano sottomesso alle leggi del linguaggio.

Ciascuno è presente, cioè si fa rappresentare come persona da una catena di significanti. I significanti sono i diversi elementi linguistici che per lui fanno senso; sono elementi che nel loro associarsi, nel loro ripetersi, nel loro ordinarsi secondo catene, come i legami tra le parole nella grammatica di una fase, rappresentano il soggetto.

Ciascuno inoltre è anche presente come soggetto inconscio con le proprie modalità di trovare soddisfazione, godimento… la propria aiuola. La struttura è la stessa per tutti, ma le variazioni di modalità di costruzione sono diverse per ognuno.

Ogni soggetto, rappresentato dalla propria catena di significanti, decide in base al suo inconscio che trarrà soddisfazione o meno da quel che viene offerto e/o da chi glielo offre, potrà studiare, imparare o no, potrà ubbidire o no.

Una condizione sine qua non

La condizione preliminare, al di là della relazione pedagogica, è di considerare gli studenti come obbedienti alla propria struttura con le sue leggi. I saperi trasmessi dagli insegnanti, di conseguenza, arrivano agli studenti disturbati da due istanze clandestine: il soggetto inconscio e il godimento. Ogni studente si fa un calcolo della soddisfazione che può trarre o no dall’offerta di saperi ricevuta.

Allo stesso modo e nello stesso tempo, in ogni insegnante agiscono due istanze clandestine: il suo soggetto inconscio e il suo godimento. Il risultato di questa partita, giocata tra l’insegnante e lo studente, in realtà dipende, nel primo tempo, anche dal soggetto inconscio dell’insegnante e dal suo godimento e, nel secondo tempo, dal soggetto inconscio dello studente e dal suo godimento.

Il problema di noi esseri umani è che abbiamo a che fare sempre con questi due passeggeri clandestini, e questo avviene anche nelle classi di ogni istituto scolastico. Queste istanze sono clandestine poiché sempre agiscono a nostra insaputa e comunque.

Tutto ciò si fonda sulle teorie di Freud e di Lacan. Tali ipotesi riguardano tutti gli esseri umani, la modalità in cui si articola riguarda tutti, ma uno per uno, cioè ognuno a modo suo, per questo è molto difficile, se non impossibile.

Sapere/i e non sapere/i

Abbiamo sperimentato che, laddove l’insegnante ha una conoscenza anche minima di queste leggi regolatrici delle relazioni umane, può incontrare minori difficoltà nel lavoro a scuola.

Le proprie esperienze di alunni, d’insegnanti o di altro, che ci fanno avanzare comunque, ci possono aiutare nel rapporto educativo. Potremmo più facilmente dire “sì” al soggetto, restando all’ascolto e mettendoci in questione, fermo restando che è fondamentale esimerci dal sapere sul soggetto. In ogni caso, per gli adulti della scuola è meglio non cercare di indagare o appropriarsi del sapere intimo del soggetto: vietato calpestare le aiuole. In questo modo diamo un posto al soggetto con la sua particolarità.

Sicuramente non la totalità

La prima preoccupazione del soggetto adolescente è sempre di dire NO all’altro: “Anche a costo di rompermi il muso, a costo di morire, non sei tu che devi dirmi in cosa consista il mio bene e quali siano gli ideali che fanno per me”.

Dall’altra parte invece ciò che di nascosto ci tenta tutti, insegnanti e forse anche genitori, è il voler sapere, il voler controllare bene tutto. Sì, l’insegnante deve possedere la conoscenza della propria materia, deve conoscere la didattica, la metodologia, la pedagogia, ma questo non vuol dire mirare a dover sapere tutto, ma soprattutto non dovere né potere saper tutto del soggetto.

Ricevere la lettera

Tener conto dell’inconscio non significa occuparsene …significa saperlo presente e attivo.

Tener conto dell’inconscio, da parte dell’insegnante, può voler dire soprattutto restare incompleti nella relazione con lo studente, non camminarci sopra e non cercare di smascherarlo. Può voler dire riconoscere che l’inconscio funziona all’insaputa del soggetto, ma soprattutto dire “sì” al soggetto, è tenere conto di lui e della sua integrità battersi per dargli un posto e metterlo in condizione di poter lavorare, studiare.

Estrarre l’oro dalle miniere

A volte però non si sa cosa fare, soprattutto quando l’inatteso ci sorprende.

Forse soffermarsi può essere veramente un punto di forza piuttosto che i soliti colpi di forza. Forse gli insegnanti potrebbero lavorare, condividere un evento scolastico per estrarne il sapere del soggetto che vi è incluso, prima di precipitarsi nell’intervenire.

Forse è bene verificare con gli altri operatori scolastici quel che è successo e ipotizzare come rispondere cercando di arricchirsi a vicenda del sapere dell’altro, affinché ciascuno, in seguito, trovi meglio le proprie modalità di risposta. È importante estrarre un sapere da quel che succede nelle grida, negli insulti, nel materiale scolastico sempre mancante, nei ritardi di ogni mattina… vuol dire tentare di accogliere il soggetto, non per demolirlo, ma per tener conto del messaggio che ci vuole mandare con quel comportamento, non per metterlo con le spalle al muro, ma per riconoscerlo e per creare le condizioni per cui il ragazzo possa mettersi al lavoro finalmente.

Gli incontri delle riunioni d’équipe sono la condizione per favorire la realizzazione di questo percorso.

Riflessioni di Virginio Baio rielaborate da Noelle De Smet, da Èchec à l’Èchec n.119, marzo 1997

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